29 marzo 2010

Filomena.

E' un gruppo di donne unite dalla voglia di cambiare qualcosa nell'immagine della donna in Italia oggi. Veniamo da diverse esperienze e background: ci unisce la certezza che le donne in Italia siano diverse per età, per aspirazioni, per impegno, per provenienza religiosa, da quello che si vede nei media. Ci piacerebbe parlarne insieme, fra noi e con chi è interessato, uomini e donne: per capire cosa si è perso e cosa si può fare per ripartire. Senza ideologia.

Sabato 27 marzo le donne del gruppo "Filomena" hanno organizzato un primo incontro all'auditorium dell'Unicef per confrontarsi di persona (e non sul web, come di solito fanno) sul tema della costruzione di un'immagine della donna in Italia più vicina a quello che siamo veramente. Città delle Mamme è stata invitata a partecipare all'interno della sezione "Tempi" e a contribuire con un intervento sul "Tempo delle madri". Adriana Correa Machado, socia fondatrice dell'associazione, ha partecipato e ha dato il suo contributo a quello che secondo noi dev'essere il modello sociale di madre in Italia.

Durante l'incontro si è centrata la discusione sui temi delle difficoltà nella ripresa al mondo lavorativo per le madri e la mancanza di servizi adeguati per la primissima infanzia, soprattutto di asili nido. Il nostro intervento ha voluto, però, andare oltre e proporre la maternità come un tema centrale nella discusione dell'immagine e il ruolo della donna oggi in un senso più ampio.

"Sembra che quando si parla di maternità il problema principale sia quello di come tornare al lavoro, e quindi di negarla. Bisogna costruire una dignità della maternità in quanto maternità, cioè di "includere" la donna madre come soggetto sociale attivo e partecipe".

Limitare il problema della maternità oggi in Italia alla questione di riappropriazione degli spazi lavorativi è molto riduttivo. C'è un modello di madre che è tutto da costruire che deve superare l'archetipo cattolico di una maternità a prescindere e di una maternità domestica. Le madri devono diventare soggetti riconosciuti, inclusi nella sfera culturale e sociale della vita nelle città. Non è possibile che si può trovare un fasciatoio solo al Mc Donald's o all'Ikea. Non è possibile che salire su un autobus con un passeggino sia un'impresa quasi impossibile. Solo chi è madre sa quanto è pesante un passeggino perchè non entra da nessuna parte.

Si tratta non solo di una questione di welfare, ma di proporre una trasformazione culturale che veda genitori e bambini come utenti dei servizi pubblici e privati.

Questa trasformazione include molti ambiti, dai diritti della donna verso il proprio corpo (con una accettazione della decisione della donna di accettare o meno una gravidanza e come viverla, con una maggiore sensibilizzazione verso la donna sottoposta alla fecondazione assistita, con il rispetto delle proprie scelte nel momento del parto, la creazione di servizi adeguati al postparto, ecc), una distribuzione più omogenea del carico dei figli tra padri e madri, la diffusione capillare di servizi per l'infanzia, alla inclusione di genitori e bambini nella vita sociale e culturale della città, soprattutto in una fascia di età, tra i 0 e 3 anni, tradizionalmente confinata nelle mura domestiche.

A niente, o a molto poco, servono le conquiste delle donne verso l'inclusione come soggetti attivi sociali se quando arriva la maternità ci trovano quasi a dover azzerare i conti. Non vogliamo solo continuare a lavorare ma vivere la nostra maternità pienamente, con una offerta più articolata di alternative per poter trascorrere più tempo insieme ai nostri figli e per valorizzare la maternità non come un limite ma come quello che è: un'occasione di crescita personale, una enorme richezza.

1 commento:

  1. Niente di più vero! Essere genitori non vuol dire smettere di essere persone con interessi, bisogni e attività lavorative!

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