29 marzo 2010

Il Tempo delle Madri.

Intervento di Città delle Mamme nel evento "Filomena". sabato 27 marzo 2010.

Più o meno tutti sappiamo che le madri fanno sempre i conti con il tempo, che devono dividersi tra lavoro, casa, figli, mariti, e qualche volta se stesse, e che questo carico appartiene nella maggior parte dei casi quasi esclusivamente a donne, che i papà sono meno richiesti delle madri. Anche quando la presenza del padre e la sua disponibilità massima ad aiutarci ci supporta, il carico di lavoro attinente al neonato non è mai equivalente. Siamo noi quelle che dobbiamo rivalutare le nostre priorità lavorative e ridimensionarle.

Sicuramente qui si apre un divario tra quanto sia un fattore culturale o naturale il fatto che le madri devono dedicare più tempo ai propri figli rispetto ai padri, un dibattito complesso nel quale in realtà non mi interessa entrare. Sembrerebbe che più ci avviciniamo alle culture altamente sviluppate meno questa differenza di ruoli sia significativa. Ma la nostra realtà, quella italiana, sembra sia invece che è maggiormente la sfera femminile quella che gira attorno al mondo dei bambini. Basta andare ai consultori dei pediatri, alle riunioni del asilo nido o la scuola, alle lezioni di nuoto o di danza e vediamo quasi solo donne. Si vede molto più frequentemente ai papà portare ai bambini al asilo la mattina che andare a prenderli il pomeriggio.

Perché, senno, parlare del tempo, in specifico, delle “madri”?. Possiamo aspirare ad una paritaria distribuzione dei tempi lavoro-famiglia sia per i padri che per le madri?, possiamo noi donne contribuire rivendicare un po’ di tempo per noi facendo richiesta ai nostri partner di collaborazione?

Sicuramente questa è una strada che bisogna intraprendere attraverso un cambiamento culturale di lunga portata che ci vede protagoniste perché, ricordiamocelo, sono i nostri modelli famigliari i riferimenti primari per i nostri figli, genitori del futuro.

Siamo dunque noi che maggiormente abbiamo bisogno di supporto. Siamo noi donne, madri, tra i soggetti più deboli della sfera sociale. Spesso lavoratrici precarie, raramente con maternità riconosciuta, con scarse possibilità di trovare lavori che si adattino ai nostri orari o che siano flessibili, con servizi verso l’infanzia insufficienti, ecc. ci rendiamo conto di quanto abbiamo bisogno di supporto. Ma sia che lo troviamo nei servizi per l’infanzia, nella famiglia, o attraverso altre donne nella nostra stessa condizione, il fatto di ritagliarsi un tempo per il lavoro o per stare al passo della casa o per seguire impegni personali richiede una capacità organizzativa, di logistiche a volte complesse che in se stesse richiedono anche tempo e che spesso sono stancanti e stressanti.

Dunque la distribuzione del tempo delle madri ha un valore fortemente quantitativo. Il tempo è prezioso per quanto è insufficiente e viene misurato contando ore e minuti, con una scadenza di orari precisa nella nostra giornata che non ci consente di sgarrare il secondo.

Il tempo delle madri è però anche un tempo di ricchezza,di riscoperta e di rinascita. L’esperienza dell’accudimento e dell’accompagnamento nella crescita di un essere umano ci apre a nuovi orizzonti di riflessione e consapevolezza. Le certezze acquisite sulla nostra identità si rimescolano, i ricordi del sentire infantile riaffiorano, le priorità esistenziali subiscono una drastica ridefinizione. Oltre la sfera del tempo, questo ripensamento investe lo spazio, aprendo delle vere e proprie finestre di opportunità verso dei mondi nuovi che ci sembrano, d’un tratto, diventare possibili e desiderabili.

La maternità ci porta a soffermarci nella nostra corsa vitale per affermarci che ci consente di guardarci e di scoprirci vulnerabili ma anche propositive e progettuali. Ed è forse da questa vulnerabilità e da questa tensione verso il futuro che scatta la vicinanza, la solidarietà tra donne, la necessità di continuo confronto. E spesso, anche, scatta l’unione per far fronte alle difficoltà aiutandosi fra loro, offrendosi per darsi mutuo supporto ma anche per costruire qualcosa insieme, riscoprendo una dimensione esistenziale che ha al suo centro le esigenze, spesso dimenticate o relegate ai margini, della donna e del bambino.

E’ nata così “Città delle mamme”, l’associazione di cui faccio parte e che è nata da quattro mamme, dalle nostre lotte comuni per migliori spazi nel quartiere per i nostri bimbi. Oggi, in Città delle Mamme, sentiamo anche il bisogno di far crescere l’unione fra donne oltre i limiti del proprio territorio, di rafforzare una rete di mamme di supporto e di comunicazione che ci consenta anche una forma di espansione nella città. Crediamo che nel confronto tra donne, tra madri, troviamo non solo una risposta alla gestione delle difficoltà quotidiane ma anche una forma di crescita personale.

Però vorrei anche e soprattutto aprire una riflessione su quello è il vero “tempo delle madri”, quello che trascorriamo insieme ai nostri figli. Quel tempo è invece il tempo dei bambini. E i bambini, si sa, non sanno che cos’è il tempo. Quando dopo una giornata di lavoro vado alle quattro del pomeriggio a prendere mia figlia alla scuola materna ho la sensazione che devo fermarmi per un attimo e iniziare a rallentare, o meglio ancora, se ci riesco cerco di lasciare a un lato il tempo. Per stare insieme a lei, per essere veramente “presente” devo fare uno sforzo non indifferente per lasciare a un lato tutto l’accaduto, le preoccupazioni della giornata ed entrare nella sua dimensione temporale.

E’ forse questa la trasformazione più drammatica che soffre il nostro tempo, è questa la parte più faticosa e affascinante della maternità: imparare a stare insieme ai nostri figli cioè a seguire il loro tempo. Come trascorrono le giornate con un neonato, con un bebè di otto mesi, con un bimbo di due, di quattro, di sette anni?. Ognuno di loro ha un tempo diverso e anche un rapporto spaziale, fisico diverso con le madri. E quali sono le alternative per trascorre il tempo insieme ai nostri figli?. La primissima esperienza della maternità, quella di portarsi a casa un neonato da accudire senza mai averlo fatto prima, ci porta, credo a tutte, ad avere la sensazione di immergerci in una capsula domestica dove il tempo continua a scorrere per tutti gli altri tranne che per noi. Durante i primi mesi di vita di mia figlia mi domandavo come mai stando a casa quasi senza fare “niente” mi trovavo così stanca la sera. Non vivevo ancora lo stress degli spostamenti, quel dover fare i conti con un’occupazione articolata e complessa del mio tempo e invece ero a pezzi. Oggi mi rendo conto che le mie giornate non duravano 16 ore ma cinque volte tanto. Le mie giornate insieme a Marta erano piene di tenerezza, di amore, di pazienza, di gioia. Era un tempo di osservazione, di scoperta, pieno di piccoli e veloci progressi felicemente festeggiati, che era sempre un privilegio cogliere, ammirare, degustare. Ma era anche un tempo di enorme fatica, d’isolamento, di un fortissimo bisogno di occupazione del mio tempo che trascorreva così lentamente.

Da questo bisogno, condiviso con tutte le madri che conosco, noi “Città delle Mamme” abbiamo progettato “Cinemamme”, una realtà impensabile prima in Italia e che invece da anni si fa in altri paesi, un progetto che in realtà richiede molto poco e invece offre tantissimo: l’opportunità alle madri, e papà, di andare semplicemente al cinema a guardarsi un film in prima visione insieme ai bebè, e con ciò di riappropriarsi di spazi e tempi di socializzazione e di contatto con il mondo in un periodo tendenzialmente legato all’ isolamento.

Sono questi i servizi, secondo noi, che si avvicinano di più ai bisogni delle madri. Se riuscissimo a cambiare la mentalità tradizionale e aprire gli spazi cittadini alle madri, e papà, insieme ai propri figli, il nostro tempo trascorrerebbe in maniera più serena, stimolante per i piccoli e di maggiore leggerezza per i genitori.

A quattro anni della nascita di mia figlia le mie giornate sono pressate tra mille impegni e contingenze quotidiane ma quando arriva il mio tempo da madre è come se la giornata si fermasse e riprendesse con un altro tempo. Il cammino dalla scuola a casa trascorre rivisitando ad ogni passaggio i segni che conosciamo: gli articoli per bambini della vetrina della farmacia, gli occhiali rosa con fiorellini dell’ottica, i pupazzi della profumeria, l’avviso luminoso delle campane di natale mai tolte, il cartellone dei gelati, gli alberi di limone, le mattonelle in vetrocemento inserite sul marciapiede che Marta calpesta uno a uno saltando da un piede all’altro e contando ad alta voce solo fino al quattordici. E sento che è quello il tempo della poesia, un tempo privilegiato che mi regala mia figlia condividendo con me quella forma di vivere all’istante che solo i bambini conoscono e avvicinandomi così alla forma più genuina di felicità.

Adriana I. Correa Machado.
segretaria e socia fondatrice dell'associazione Città delle Mamme.

1 commento:

  1. Mi tocca 'postare' un commento per dirti che mi hai fatto commuovere?? ti voglio un sacco bene, e grazie per rappresentarci così profondamente. Claudia CdM

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